> FocusUnimore > numero 8 – ottobre 2020
A due secoli dalla prima rivoluzione industriale, le ciminiere sono ancora il simbolo dell’industria, emblema di prosperità, ma anche fonte di inquinamento. Trasformare le industrie verso ecosistemi sostenibili e ridurre questi pennacchi, prima di eliminarli del tutto è la sfida che si prefigge il progetto iWAYS – Innovative WAter recoverY Solutions, il cui coordinatore è il prof. Luca Montorsi di Unimore, che sta sviluppando una serie di tecnologie in grado di recuperare acqua ed energia dai flussi gassosi/vapore di scarto emessi in atmosfera dai camini dei processi industriali.
L’imperativo, in considerazione dei cambiamenti climatici, della sicurezza energetica, della competitività del settore industriale europeo, della diminuzione delle risorse e della scarsità d’acqua, è trovare nuove tecnologie per ridurre, se non eliminare, tale fonte di inefficienza energetica.
I pennacchi bianchi, infatti, sono generalmente flussi di aria altamente umida o di vapori di scarto che vengono rilasciati nell’atmosfera, dove disperdono sia l’energia sia il contenuto di acqua.
Questi flussi gassosi, comuni a qualsiasi settore che abbia camini con effluenti gassosi altamente umidi, oltre ad avere un elevato contenuto di acqua e di calore al loro interno, possono contenere emissioni inquinanti e altre sostanze derivate dal processo da cui provengono che potrebbero essere recuperate. Dopo il processo, i flussi di aria/vapore hanno un contenuto d’acqua maggiore ed una temperatura inferiore, ma comunque elevata rispetto alle condizioni ambientali. Tuttavia, il recupero del calore da questi flussi di scarico, mediante condensazione, e il conseguente recupero dell’acqua e del contenuto dei materiali, spesso non è conveniente a causa della bassa temperatura, della composizione del flusso o del carico di particelle che possono ridurre drasticamente l’efficienza dei comuni scambiatori di calore.
La riduzione della presenza di ciminiere ed il conseguente recupero dell’acqua di processo e del calore è una proposta impegnativa, ma comporta numerosi vantaggi.
In primo luogo, l’acqua può essere condensata e recuperata, trattata e riutilizzata come acqua di processo o in altri impieghi.
In secondo luogo, il notevole potenziale energetico del calore di scarto può essere recuperato e riutilizzato, migliorando l’efficienza energetica del processo industriale.
Infine, le sostanze di scarto presente nei flussi di scarico possono essere recuperate, separate e immagazzinate o riutilizzate.
Le aziende che riescono a recuperare queste riserve di acqua, di energia e di sostanze possono non solo ottenere significativi vantaggi competitivi, ma anche trarre vantaggio dal raggiungimento degli obiettivi per il limite delle emissioni.
Non va dimenticato che l’industria rappresenta il 40% del prelievo totale di acqua in Europa. Inoltre, il settore industriale è uno dei principali inquinatori delle acque, poiché solo fino al 60% (valore basato sui dati di otto paesi) delle acque reflue industriali viene trattato prima di essere smaltito nell’ambiente.
La scarsità d’acqua potrebbe attualmente non colpire la maggior parte dei cittadini europei, ma gli effetti del cambiamento climatico mettono a rischio l’approvvigionamento idrico a lungo termine anche nei climi temperati. Il costo della siccità negli ultimi 30 anni nella sola Europa ha superato i 100 miliardi di euro.
A parte le evidenti questioni sociali, anche la difficoltà di accedere all’acqua pulita è dannosa per l’economia a causa dell’intensità idrica delle industrie.
C’è di più: il consumo di energia industriale dipende ancora in larga misura dai combustibili fossili. Energia e combustibili rappresentano dal 20% al 40% dei costi di produzione in diverse industrie ad alta intensità energetica. L’efficienza energetica è una chiave per la competitività, poiché i prezzi delle importazioni di combustibili fossili dovrebbero aumentare fino al 2040, allo stesso modo i prezzi del gas naturale e del petrolio. Le industrie europee dipendono in gran parte dai combustibili fossili. Pertanto, una sostanziale riduzione dalla fornitura di energia convenzionale basata sui combustibili fossili non solo può generare risparmi crescenti, ma migliora anche la sicurezza dell’approvvigionamento.
Il sistema iWAYS permetterà di condensare il contenuto di vapore dei gas di scarico, di trattare l’acqua condensata per soddisfare i requisiti di qualità del processo, di recuperare il calore e riutilizzare all’interno del processo industriale per ridurre il consumo di energia primaria. iWAYS recupererà inoltre le sostanze eventualmente presenti nei gas di scarto, come acidi o particolati, riducendo le emissioni dannose per l’ambiente.
“Il progetto iWAYS – spiega il prof. Luca Montorsi, del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria (DISMI) e coordinatore del progetto – ha come obiettivo la progettazione e realizzazione di un sistema che prevede uno scambiatore di calore basato sui tubi di calore (Heat Pipe based Heat Exchanger) per il recupero del calore e dell’acqua, integrato con un sistema di trattamento del condensato per la purificazione dell’acqua ed il recupero delle sostanze in essa contenute. Il prototipo includer, inoltre, un sistema per il rilevamento delle emissioni in atmosfera in modo da monitorare il grado di recupero e la riduzione dell’impatto ambientale del processo industriale grazie alla nuova tecnologia”.
La tecnologia proposta da iWAYS sarà testata in tre dimostratori in diverse nazioni europee, Italia, Spagna, Svezia e diversi settori industriali, ceramico, chimico ed acciaierie.
La fase di dimostrazione dell’efficienza della tecnologia proposta permetterà di dimostrare la replicabilità anche su altri settori industriali e tipologie di impianto affinché, si spera in un prossimo futuro, i pennacchi bianchi dei camini industriali possano rimanere un ricordo del processo economico del XX secolo.
Partecipanti al progetto: 19 partners fra Aziende ed Enti di Ricerca provenienti da 8 paesi europei (Italia, Belgio, Germania, Lituania, Polonia, Regno Unito, Spagna, Svezia)
Coordinatore del progetto: prof. Luca Montorsi – Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria di Unimore
Budget complessivo del progetto: 12.800.000 Euro
Quota finanziata dalla Comunità Europea: 10.596.000 Euro