> FocusUnimore > numero 9 – novembre 2020
C’è un filo diretto tra Unimore e la ricerca sostenuta da AIRC, l’Associazione Italiana che sostiene da decenni la ricerca sul cancro, la quale attraverso le donazioni del “5×1000”, iniziative benefiche e raccolte fondi, ha favorito numerose scoperte e consentito sbalorditivi progressi scientifici, nonché lo sviluppo di terapie in tanti casi capaci di sconfiggere questo male che – solo a pronunciarlo – incute paura.
Ultima in ordine di tempo, in corso in questi giorni, l’iniziativa relativa ai “Cioccolatini della Ricerca” disponibili presso le filiali Banco BPM e prenotabili online attraverso il catalogo Amazon.
Il legame è rappresentato dalla Prof.ssa Rossella Manfredini, Coordinatrice del programma di Genomica e Trascrittomica presso il Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” del Dipartimento di Scienze della Vita (DSV), titolare di due progetti AIRC (“AIRC 5 per mille” ed Investigator Grant), del valore complessivo di 3 milioni di euro,volti a caratterizzare i meccanismi molecolari alla base dell’insorgenza e della progressione di un gruppo di tumori del sangue, le malattie mieloproliferative croniche Philadelphia-negative (che includono policitemia vera, trombocitemia essenziale e mielofibrosi primaria), relativamente rare ma con un’incidenza di circa 3,5 casi ogni centomila individui/anno. La finalità dei finanziamenti concessi da AIRC è che si possa giungere rapidamente a trasferire le informazioni generate in laboratorio al paziente, affinando i metodi diagnostici, migliorando la definizione della prognosi e sperimentando nuove terapie per il controllo della malattia e il miglioramento della qualità di vita.
L’ipotesi sperimentale del gruppo della Prof.ssa Manfredini è che si possano identificare nuovi marcatori di malattia e nuovi, più selettivi, bersagli terapeutici attraverso l’analisi combinata e simultanea di meccanismi, molecole e sistemi responsabili della difettosa moltiplicazione e maturazione delle cellule emopoietiche di questi pazienti. Tra queste malattie, la mielofibrosi primaria, che costituisce circa un quinto del gruppo di malattie mieloproliferative croniche Philadelphia-negative, è particolarmente grave, poiché determina una profonda alterazione dell’architettura del midollo osseo con sviluppo di tessuto fibroso che causa la progressiva perdita di funzione del midollo. Questa neoplasia, in modo più o meno aggressivo, porta i pazienti a morte mediamente nell’arco di 5 anni poiché le attuali terapie non sono efficaci in quanto non in grado di rallentare il processo di fibrosi e di prolungare la vita dei pazienti.
Il progetto 5 per mille è articolato in diversi obiettivi sperimentali, focalizzati su aspetti biologici e clinici di queste malattie e finalizzati allo sviluppo di nuove terapie personalizzate. In particolare, si vogliono caratterizzare le cellule staminali leucemiche, cioè le cellule che “mantengono” la malattia, e sono quindi responsabili delle recidive, perché resistenti alle terapie tradizionali. “Ad oggi – spiega la Prof.ssa Rossella Manfredini – sono state identificate tre proteine espresse in modo specifico nelle cellule staminali di questi pazienti, che verranno presto testate in modelli preclinici per sviluppare nuovi approcci terapeutici volti ad eliminare specificamente queste cellule staminali tumorali, migliorando l’efficacia delle attuali terapie che non sono risolutive”.
Un obiettivo non meno importante è lo studio dell’interazione tra le cellule staminali del tumore e le cellule normali all’interno del midollo osseo “Come nei tumori solidi, infatti, – chiarisce la Prof.ssa Manfredini – anche nei tumori del sangue le cellule tumorali comunicano con le cellule normali circostanti in modo da creare un ambiente a loro favorevole. Questa comunicazione ha quindi un ruolo importante nell’evoluzione della malattia e nello sviluppo di numerose caratteristiche cliniche dei pazienti oncologici, come ad esempio lo stato di infiammazione cronica che si riscontra nei pazienti con malattie mieloproliferative e che può alimentare ulteriormente la progressione della malattia”. Anche in questo caso, il fine ultimo è quello di identificare nuovi bersagli per lo sviluppo di terapie innovative volte a migliorare le prospettive di guarigione e la qualità di vita dei pazienti. “A questo proposito – continua la Prof.ssa Manfredini – abbiamo evidenziato nei pazienti l’espressione abnormemente elevata di una proteina, chiamata osteopontina, che ha un effetto favorente lo sviluppo della fibrosi del midollo osseo e può quindi costituire un importante bersaglio terapeutico. Al fine di limitare la formazione di fibrosi nel midollo osseo dei pazienti, abbiamo messo a punto una strategia di inibizione dell’osteopontina con 4 diverse sostanze, che saranno ora testate in modelli preclinici”.
Un’altra fondamentale finalità del progetto è quello di sviluppare nuovi strumenti prognostici per migliorare gli attuali sistemi di classificazione dei pazienti con neoplasie mieloproliferative. Questo aspetto è di primaria importanza allo scopo di poter prevedere le prospettive di ciascun paziente, per poterlo indirizzare, in base alle sue caratteristiche cliniche e molecolari, verso la migliore terapia e massimizzare le probabilità di guarigione, attraverso la cosiddetta medicina personalizzata. “A questo proposito – afferma la Prof.ssa Rossella Manfredini – abbiamo individuato una firma molecolare che è in grado di classificare i pazienti in gruppi ad alto o basso rischio dal punto di vista prognostico, che può servire ad affinare i sistemi di predizione della prognosi attualmente in uso”.
Il progetto Investigator grant è invece finalizzato ad identificare i meccanismi molecolari alla base della progressione di queste malattie, che spesso evolvono in gravissime forme di leucemia acuta. “Poiché è stato dimostrato che l’ordine di acquisizione delle mutazioni da parte delle cellule staminali emopoietiche influenza la prognosi, – ci spiega la Prof. Manfredini – abbiamo condotto studi a livello di singola cellula sui pazienti che ha permesso di ricostruire la gerarchia clonale di acquisizione di mutazioni patogenetiche durante la progressione neoplastica che porta alla trasformazione leucemica”.
L’analisi genomica ha inoltre permesso l’identificazione di cloni mutati in geni che favoriscono la progressione leucemica, che non sono rilevabili dall’analisi diagnostica convenzionale, già nella fase cronica, mesi e mesi prima della trasformazione a leucemia. La possibilità di identificare questi cloni nelle prime fasi della malattia potrebbe consentire una migliore valutazione prognostica, predire una trasformazione leucemica ed indirizzare a strategie terapeutiche personalizzate. L’analisi trascrittomica ha consentito di individuare processi alterati durante l’evoluzione della malattia, quali l’evasione dal sistema immunitario e l’inibizione del differenziamento emopoietico. L’applicazione in clinica di questa metodica potrebbe contribuire a migliorare la stratificazione del rischio dei pazienti e indirizzare il trattamento sulla base dell’assetto mutazionale in un ambito di medicina personalizzata.
L’obiettivo finale di questi progetti AIRC è, quindi, lo sviluppo di nuove terapie che, sulla base delle conoscenze acquisite in questa ricerca, potranno essere sperimentate in nuovi protocolli clinici.