> FocusUnimore > numero 10 – dicembre 2020
Il Dipartimento di Educazione e Scienze Umane lavora da anni su alcuni aspetti centrali della comunicazione con riferimento all’espressioni della diversità in ambito formativo e culturale.
Un primo aspetto oggetto di studi, ricerche e progetti riguarda le questioni connesse agli approcci interculturali affrontate mediante anche la prospettiva dell’interlingua.
La presenza di bambini e bambine, studenti e studentesse di origine immigrata nelle scuole italiane è un dato consolidato, anche se le caratteristiche di questa popolazione sono cambiate nel tempo: si è infatti passati da una prevalenza di alunni stranieri nati all’estero alla maggioranza di alunni nati in Italia da genitori immigrati e senza un’esperienza diretta di migrazione.
Le politiche scolastiche italiane hanno cercato di adottare un approccio interculturale, basato sul riconoscimento e valorizzazione delle diversità.
Tuttavia, la traduzione quotidiana di questo orientamento è stata di fatto lasciata all’operato della singola scuola e del singolo insegnante, con una grande eterogeneità di prassi e procedure. Di conseguenza, anche i vissuti scolastici degli alunni di origine immigrata possono essere molto diversi. Si intuisce così l’importanza di una riflessione costante sull’integrazione scolastica, al fine di contrastare possibili disuguaglianze e diffondere approcci in grado di supportare gli alunni e valorizzare la loro partecipazione.
Rispetto all’analisi dei percorsi scolastici, vari progetti hanno indagato le traiettorie formative degli studenti di origine immigrata, contribuendo ad analisi ministeriali e locali (referente dott.ssa Rita Bertozzi). Un’analisi esplorativa condotta nel nostro Ateneo ha permesso di comprendere l’incidenza degli studenti di origine immigrata nei vari Dipartimenti e ricostruire alcune storie di vita. Si tratta di una nuova importante area di ricerca che permette di indagare retrospettivamente l’esperienza scolastica, evidenziare gli ostacoli incontrati ma anche le risorse attivate, con indicazioni utili per le politiche scolastiche, gli insegnanti e il mondo accademico. Le ricerche sugli atteggiamenti degli insegnanti nella scuola multiculturale permettono così di monitorare l’incidenza delle diverse sensibilità interculturali dei docenti sui percorsi degli alunni.
L’expertise maturata su questi temi ha portato alla nomina della dott.ssa Bertozzi a membro dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura (organo di consultazione del Ministero dell’Istruzione), che ha recentemente divulgato il documento È la lingua che ci fa eguali. Attenzioni e proposte per la scuola che riparte (luglio 2020).
La ricerca pedagogica del Dipartimento è consolidata anche su ambiti di ricerca che riguardano l’organizzazione e la gestione delle istituzioni scolastiche e dei contesti educativi extrascolastici in contesti multiculturali e il curricolo scolastico in prospettiva multiculturale (referente è, su questo versante, la prof.ssa Laura Cerrocchi).
Da anni poi il progetto Osservare l’interlingua (referente Prof. Gabriele Pallotti) ha l’obiettivo di sviluppare nuovi modelli di didattica dell’italiano che partono da un presupposto fondamentale: per insegnare bene occorre prima di tutto comprendere l’alunno che apprende, le sue strategie, i suoi processi cognitivi e di socializzazione, le sue ipotesi.
“Interlingua” è, più in dettaglio, il termine usato negli studi di linguistica acquisizionale e si riferisce tipicamente al sistema linguistico provvisorio di chi impara una lingua seconda, ma può applicarsi in senso più ampio a qualunque processo di apprendimento linguistico.
Il progetto propone un’educazione linguistica efficace per tutti gli alunni. L’approccio seguito è collaborativo e attivo e si concentra in particolare sullo sviluppo delle abilità di scrittura. Diverse ricerche condotte negli anni sulle classi che partecipano alla sperimentazione hanno dimostrato che queste ottengono sistematicamente risultati migliori delle classi di controllo su diverse dimensioni, quale la chiarezza ed esaustività dei testi, la loro organizzazione interna, la coesione. Inoltre, il divario di prestazioni tra alunni risulta minore, anche nelle scuole con numerosi alunni multilingui.
Un secondo aspetto di indagine riguarda la convivenza tra culture e fedi e, più nello specifico, i processi di analfabetismo religioso.
Il progetto di ricerca European Religious Illiteracy in a Pluralistic Society (ERIPS) coordinato dal prof. Alberto Melloni (Direttore del Dipartimento, ordinario di Storia del Cristianesimo, titolare della Cattedra Unesco sul Pluralismo religioso e la pace dell’Università di Bologna, accademico dei Lincei e recentemente nominato Chief Scientific Advisor della Commissione Europea, unico italiano e unico umanista del board) e dal dott. Federico Ruozzi si propone di comprendere le radici dell’analfabetismo religioso europeo e i suoi effetti sul tessuto politico e sociale attraverso l’inquadramento delle condizioni storiche, istituzionali, religiose, giuridiche, educative e mediatiche che hanno contribuito alla sua formazione e di testare interventi correttivi sugli insegnanti della scuola primaria e secondaria, di disseminare i risultati della ricerca e di dar voce alla risorsa sapere nei media.
Il cantiere, per rilevanza e impatto, si è potuto attivare grazie a una convenzione tra Dipartimento e Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Direzione Generale per lo studente, l’integrazione e la partecipazione, che ha finanziato e permesso all’équipe di ricercatori di raggiungere i primi obiettivi (Progetto RARE – Rapporto sull’Analfabetismo Religioso in Europa).
La necessità di sostenere e incoraggiare la convivenza tra culture e fedi religiose all’interno di uno stesso spazio sociale e politico pone al centro delle politiche di governance la capacità di comunicare il sapere.
Minimizzare la conflittualità sociale e i suoi costi in favore del dialogo e del rispetto reciproco richiede oggi di introdurre nelle dinamiche sociali una maggiore e migliore conoscenza e comprensione dei fenomeni religiosi.
L’analfabetismo religioso è uno degli aspetti dell’analfabetismo funzionale che la società italiana sperimenta in modo sempre più dannoso e la risposta non può che essere calibrata sulla base degli strumenti che, oggi, contribuiscono alla formazione di coloro che la compongono. L’analfabetismo religioso non produce solo ignoranza culturale, ma, come si vede nella cronaca quotidiana, ha un alto costo sociale per il Paese, innesca conflitti e incomprensioni la cui gestione ha un impatto economico per gli Stati.
Occorre dunque contrastare questo analfabetismo attraverso gli strumenti del sapere, a partire dalla formazione dei futuri insegnanti ed educatori (è pensato proprio per questi ultimi il portale PARS – Portale di formazione e informazione per il contrasto dell’analfabetismo religioso: www.pars-edu.it): si trovano infatti sempre più in situazioni in cui la dimensione religiosa (mense, festività, liturgie, abbigliamento, pratiche) non può essere trascurata.
Per questo in dipartimento, tra gli altri, sono ormai attivi da diversi anni un corso di Storia delle relazioni interreligiose e un corso di Storia dei rapporti Stato – Chiesa.
Il cantiere, coordinato da un comitato scientifico internazionale, dopo un primo rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia (pubblicato per i tipi del Mulino nel 2014), ha come obiettivo la ricerca sull’analfabetismo europeo; in questi anni si è lavorato con l’idea di allargare l’area di analisi centrata in passato, principalmente, sul caso italiano, indagando quali siano i processi che hanno portato all’analfabetismo religioso in Europa: solo tracciando il quadro storico, istituzionale, religioso, sociale, giuridico ed educativo è possibile comprendere le ragioni della mancanza di conoscenza del religioso, le ripercussioni di queste lacune nel tessuto sociale e politico europeo e migliorare anche la sua comunicazione sui media.