> FocusUnimore > numero 19 – ottobre 2021
ECLIPS: Unimore has engaged in a project to fight domestic violence in younger victims
Child care professionals are an important resource in screening for signs and symptoms of violence and support infants and their families in managing traumatic events; therefore, they are privileged observers as they accompany children in their daily life, and are essential when any violence takes place within the family. The ECLIPS project, which involves the University of Modena and Reggio Emilia, the “Centre Dardedze” (Latvia), the Leuven-Limburg University (Belgium) and the Pressley Ridge (Hungary), was created on this delicate theme and is financed by the programme “Rights, equality and citizenship (REC)” of the European Union in the framework of the convention aimed to fight domestic violence in younger victims, that is children between the ages of 0 and 3.
Screening of extremely vulnerable children who are not yet able to communicate is delicate and complex and often sees educators insecure about their skills or the authority required to act. The project aims to fill the knowledge gaps of childcare professionals by providing appropriate training and screening and referral tools for the recognition of signs and symptoms, as well as appropriate training on trauma-informed care.
Professors Johanna Maria Catharina Blom, Alessia Cadamuro and Giovanna Laura De Fazio are responsible for the project for Unimore. For more information, please visit the website: www.eclipsproject.eu
Ci sono lacune e barriere che i professionisti dell’assistenza all’infanzia devono affrontare durante lo screening per la violenza e l’agire in modo informato sul trauma.
Neonati e infanti subiscono maggiormente le conseguenze della violenza, soprattutto quando avviene all’interno della famiglia. Uno screening efficace, un adeguato processo di rinvio e la capacità di affrontare il trauma in modo consapevole da parte di coloro che interagiscono con il bambino possono fare la differenza nella vita di bambine e bambini.
ECLIPS è un progetto finanziato dal programma “Diritti, uguaglianza e cittadinanza (REC)” dell’Unione europea nell’ambito della convenzione di sovvenzione n. 101005642 che mira a contrastare la violenza domestica nelle vittime più giovani, ossia i bambini di età compresa tra 0 e 3 anni.
Il progetto vede coinvolte l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – Unimore assieme al “Centre Dardedze” (Lettonia), all’Università Leuven-Limburg (Belgio) e al Pressley Ridge (Ungheria)
Nell’ambito del progetto gli/le assistenti alla prima infanzia sono concepiti come osservatori/osservatrici privilegiati.
I bambini e le bambine di età compresa tra 0 e 3 anni trascorrono la maggior parte del loro tempo con la famiglia, che sia con i genitori, i nonni o altre figure educative significative. Questo è di solito l’ambiente più sicuro per bambini molto piccoli. Ma cosa succede quando la violenza avviene all’interno della famiglia? Chi sostiene questi bambini?
Nella maggior parte dei paesi europei, i bambini frequentano gli asili nido su base giornaliera o regolare. Per i bambini che frequentano gli asili nido, i professionisti dell’assistenza all’infanzia rappresentano una risorsa importante nello screening di segni e sintomi di violenza e nel supportare i neonati e le loro famiglie nella gestione di eventi traumatici. È opinione condivisa che i/le professionisti/e dell’assistenza all’infanzia siano dunque osservatori privilegiati, in quanto possono vivere, interagire e osservare i bambini ogni giorno, accompagnandoli nella loro quotidianità. Imparano a conoscere il temperamento dei bambini e delle bambine e, quindi, possono identificare con precisione cambiamenti significativi nel loro comportamento, ritardi nello sviluppo e/o espressioni emotive che possono indicare disagio nel bambino/nella bambina.
Nonostante la posizione privilegiata che i professionisti dell’assistenza all’infanzia ricoprono, attualmente mancano conoscenze e formazione rispetto al riconoscimento formale di una possibile violenza domestica.
Questo è il motivo per cui il progetto ECLIPS si concentra sui professionisti dell’assistenza all’infanzia. Il progetto intende colmare questa lacuna fornendo una formazione adeguata e strumenti di screening e rinvio opportuni per il riconoscimento di segni e sintomi, nonché una formazione adeguata sull’assistenza informata sul trauma (trauma-informed care).
In base all’analisi della letteratura e alla documentazione esperienziale, nei quattro paesi coinvolti c’è una formazione limitata su screening e rinvio, combinata ad una generale scarsa conoscenza, tra i professionisti dell’assistenza all’infanzia, sugli abusi e sulle procedure di screening e rinvio nella fascia di età 0-3 anni.
Per quanto riguarda lo screening, l’uso di uno strumento standardizzato è pressocché assente e non esiste una procedura coerente e condivisa. I/le professionisti/e dell’assistenza all’infanzia si affidano principalmente alla propria esperienza e al proprio istinto.
D’altra parte, mentre le procedure di rinvio sono più riconosciute e diffuse, sono spesso complicate e difficili da seguire per i professionisti dell’assistenza all’infanzia, anche a causa dell’eccessiva burocrazia e della mancanza di un “mandato”. In altre parole, i professionisti dell’assistenza all’infanzia non sono sicuri di avere le competenze o l’autorità sufficienti per occuparsi di screening e rinvio.
Questo problema di autoefficacia va di pari passo anche con la paura del rinvio, a causa della possibile minaccia di ritiro del bambino dall’asilo nido che potrebbe comportare una perdita finanziaria per l’asilo nido, ma anche sottrarre il bambino da un ambiente sicuro. Inoltre, esiste il rischio concreto di rompere il rapporto di fiducia con la famiglia, facendo così apparire l’educatore come “il cattivo”. In questo senso, i professionisti dell’assistenza all’infanzia tendono a sentirsi inadeguati e insicuri nel discutere il rinvio con i genitori.
Oltre allo screening e al rinvio, i professionisti dell’assistenza all’infanzia hanno anche il compito importante di stimolare lo sviluppo dei bambini e delle bambine.
Ciò è ancor più vero nei casi di trauma da violenza domestica, poiché i bambini non hanno una casa sicura e affidabile. I professionisti dell’assistenza all’infanzia sono candidati adatti al compito, in quanto contatti affidabili e ricorrenti al di fuori del contesto familiare che possono fornire assistenza informata sul trauma. L’assistenza informata sul trauma può essere definita come un approccio basato sulla conoscenza dell’impatto del trauma, e mira a garantire ambienti e servizi facilitanti per la persona traumatizzata, in questo caso il neonato.
Rispetto a questo argomento, la principale lacuna emersa sia dalla letteratura, sia dalla documentazione esperienziale, riguarda il concetto stesso di trauma per neonati e infanti, ancora nuovo e spesso impopolare. Manca una definizione omogenea per l’assistenza informata sul trauma tra i professionisti della cura dei bambini. Di conseguenza, mancano conoscenze teoriche e pratiche sul tema, mancano definizioni o protocolli sull’assistenza informata sul trauma rispetto alla fascia di età 0-3 anni e mancano protocolli, linee guida e strumenti specifici. per questa fascia di età.
Inoltre, i professionisti dell’assistenza all’infanzia condividono difficoltà nell’identificare la violenza all’interno della fascia di età 0-3 anni, principalmente perché i bambini molto piccoli non parlano e, quindi, sono “più difficili da leggere” rispetto ai bambini più grandi. Questo ostacolo alla comprensione dei segnali di violenza nella fascia 0-3 anni può portare alla “normalizzazione” dei comportamenti-sentinella.
Infine, una barriera fondamentale per i professionisti dell’assistenza all’infanzia è la mancanza di formazione sull’assistenza informata sul trauma. Questa barriera è causata dalla mancanza di programmi disponibili e dalla mancanza di tempo e risorse per la formazione stessa.
“Anche se i professionisti dell’assistenza all’infanzia rappresentano figure chiave nella cura dei bambini – affermano le Professoresse Johanna Maria Catharina Blom, Alessia Cadamuro e Giovanna Laura De Fazio, responsabili del progetto per Unimore – e potrebbero essere risorse importanti nello screening e rinvio in caso di violenza domestica, nonché facilitare lo sviluppo dei bambini e delle bambine agendo in maniera informata sul trauma, essi sono ancora poco formati e sentono di non avere abbastanza competenze per gestire questo importante compito. Per questo motivo, un progetto come ECLIPS rappresenta un punto di svolta nel miglioramento sia della formazione sia degli strumenti per i professionisti dell’assistenza all’infanzia. ECLIPS incoraggia, infatti, la consapevolezza e l’autoefficacia, con l’obiettivo di creare ambienti sempre più sicuri e informati sui traumi per i neonati e le loro famiglie”.
Maggiori informazioni sono reperibili sul sito www.eclipsproject.eu
We too? La violenza di genere in ambito accademico
Gli ambiti in cui maggiormente si possono articolare rapporti di autorità sono la famiglia e quello lavorativo e se si aggiunge la perdurante inferiorità di potere delle donne nell’ambito del lavoro, si comprende come esso possa essere un settore nevralgico per il ricorrere di violenza di genere in senso ampio e di violenza sessuale in specie.
Ampia e crescente letteratura multidisciplinare che affronta il tema della violenza di genere nei luoghi di lavoro, segnala una consistente prevalenza di donne e pochi uomini vittime di tale violenza nell’ambito della loro carriera studentesca o accademica nelle università europee.
Le vittime di violenza di genere appartengono in maniera rilevante anche ad alcuni gruppi vulnerabili o a minoranze intersezionali.
Le ricerche disponibili segnalano altresì gli elevati costi della violenza di genere non solo per chi ne è vittima ma anche per gli ambienti di lavoro e per la società e, per quel che concerne l’ambito accademico, per i danni all’integrità della ricerca.
Dalle stesse ricerche emerge altresì una limitata presenza di misure poste in essere per tutelare le vittime e limitare la violenza di genere, con grandi differenze a seconda delle università e dei centri di ricerca a livello nazionale e internazionale.
Queste considerazioni hanno spinto alcune professoresse dell’Università di Modena e Reggio Emilia, a proporre al Ministero dell’Università e della Ricerca un progetto (PRIN) in materia. Per il nostro Ateneo, capofila della ricerca, coordinerà i lavori la Prof.ssa Laura De Fazio, associata di Criminologia presso il Dipartimento di Giurisprudenza insieme alle Prof.sse Tindara Addabbo e Silvia Ferrari.