> FocusUnimore > numero 11 – gennaio 2021
Un’impresa per essere competitiva deve essere digitale; soprattutto in una fase come quella che stiamo attraversando, in cui il processo di digitalizzazione è stato improvvisamente ed inaspettatamente accelerato dalla pandemia da Covid 19.
Lo rivela la prima indagine su “Maturità digitale e nuove professioni nelle imprese dell’Emilia- Romagna”, coordinata dal Dipartimento di Economia Marco Biagi di Unimore, insieme alla Regione Emilia-Romagna e a Unioncamere regionale, con la collaborazione delle Camere di Commercio regionali, che hanno raccolto i questionari compilati da 1632 imprese del territorio.
“La digitalizzazione cambia le vite quotidiane di tutti noi. Ma cambia anche, in modo radicale, le condizioni di competitività e di sopravvivenza delle imprese – commenta il Prof. Giovanni Solinas, coordinatore dello studio -. Oggi più di ieri i processi produttivi possono essere organizzati in molti modi diversi. Non esiste the one best way come pensava Ford. Ma scegliere quale modo sia più appropriato, con quale organizzazione delle catene del valore nazionali e internazionali, a seconda delle condizioni della concorrenza richiede un controllo pieno dei flussi informativi all’interno dell’impresa, tra l‘impresa e i suoi fornitori e tra l’impresa e i mercati del prodotto finale. Da questo dipende parte importante dei potenziali di crescita delle diverse economie nazionali e regionali. Una misura del grado di digitalizzazione ci dice, appunto, questo: qual è il grado di controllo dell’impresa sui flussi informativi rilevanti e quali sono le sue potenzialità nell’arena dell’economia mondiale. La ricerca condotta dal Dipartimento di Economia fornisce un criterio metodologico e una misura rigorosa di questi aspetti per l’economia emiliana”.
“L’indagine – continua il Prof. Solinas – si divide in due parti. La prima è dedica a misurare il grado di maturità/adeguatezza digitale. La seconda a comprendere come in questi anni, in quest’area, stia cambiando la domanda di lavoro. Le tecnologie e gli algoritmi della digitalizzazione non funzionano da soli. In questa prospettiva, anche per l’educazione terziaria, diviene fondamentale, comprendere quali siano le nuove professioni che emergono e quali, invece, nel nuovo assetto dell’industria siano in declino”.
Dallo studio emerge immediatamente come l’automazione degli impianti e gli investimenti in ICT non hanno portato a un declino dell’occupazione. I sistemi produttivi che hanno investito di più, hanno incrementato produttività e capacità competitiva, preservando i livelli di occupazione.
La perdita di occupazione non è dovuta dunque ai robot e alla digitalizzazione, ma alla concorrenza dei paesi emergenti (Cina in primo luogo) e alla crisi economica e finanziaria (2008/2013), fattori ai quali si è aggiunto nell’ultimo anno un nuovo grande imprevisto: il Covid 19.
Prendendo come riferimento una scala con valori che vanno da 0 a 4, le tipologie di imprese possono essere così suddivise: Tradizionalista (*<=1) , dove i livelli di sfruttamento di connessioni automatiche tra le diverse funzioni è molto limitato o assente; Apprendista digitale (1<*<=2), che utilizza le tecnologie e supporti digitali per gestire alcune funzioni aziendali, ma queste non sono automaticamente connesse tra loro; Specialista digitale (2<*<=3), che utilizza le tecnologie e i supporti digitali per gestire le funzioni aziendali (le informazioni sono condivise automaticamente e in tempo reale tra gli operatori delle funzioni); Esperto digitale (3<*<=3,6), dove le funzioni aziendali sono digitalizzate e vengono utilizzate per misurare le performance e prendere decisioni sulle attività da svolgere; Impresa 4.0 (3,6<*<=4), che utilizza le tecnologie digitali per gestire le funzioni aziendali, le informazioni sono condivise automaticamente ed in tempo reale tra gli operatori e vengono utilizzate per misurare le performance e prendere decisioni sulle attività da svolgere.
Le aziende emiliano romagnole sono mediamente “apprendiste digitali”, con un risultato di 1,60.
Lo studio del DEMB di Unimore esamina la digitalizzazione anche in rapporto ad ogni singola funzione aziendale: da qui emerge che in Emilia-Romagna il grado di maturità digitale cresce all’aumentare delle dimensioni dell’impresa, raggiungendo l’apice in quelle che contano tra i 250 e i 499 addetti. Il mercato Business to Business è quello più digitalizzato rispetto a quello Business to Consumer.
Il dato che la ricerca mette maggiormente in luce è che un nucleo consistente di imprese, una su cinque, ha raggiunto un buon grado di maturità digitale. Il processo è trasversale: riguarda la manifattura e i servizi, grandi, piccole e medie imprese.
Il settore informazione e comunicazione è quello maggiormente digitalizzato, ma c’è varietà elevata nella manifattura, dove più avanti sono macchinari-apparecchiature, gomma, metallurgia e autoveicoli. Un punto di debolezza è invece determinato dalla gestione delle risorse umane.
Le imprese con alto grado di digitalizzazione, che con un punteggio superiore a 3,4 sono definite “Best in Class”, rappresentano il 5 per cento del totale e hanno come punto di forza comune l’area funzionale “Acquisti”.
È significativo anche il dato relativo alle piccole imprese (tra i 10 e i 49 addetti) che raggiungono l’eccellenza in tutte le funzioni aziendali: sono circa il 10 per cento delle imprese e la metà appartengono alle “Best in Class”.
Un altro dato rilevante è che il 65 per cento delle imprese adotta almeno una delle tecnologie abilitanti 4.0 (Pianificazione delle risorse d’impresa 40%, Cybersecurity 38%, Cloud 34%, Big Data Analitics 18%).
Per quanto riguarda la consapevolezza digitale emerge però l’alto numero di imprese che utilizzano tecnologia senza essere formate; da qui la necessità di investire sotto questo profilo, per rispondere all’evoluzione della domanda di professioni e competenze.
La seconda parte dell’indagine è rivolta a fornire una misura di questi aspetti. Si guarda alla adeguatezza dei processi formativi all’interno delle imprese e all’andamento della domanda di lavoro.
L’analisi di oltre tre milioni di rapporti di lavoro attivati dalle imprese nelle principali filiere produttive negli ultimi 10 anni evidenzia un dato di straordinaria rilevanza: un assunto su due ha un profilo professionale che richiede competenze digitali di alto livello: non si tratta di “saper usar un computer”, ma di avere competenze di rilievo nella gestione di database e dei flussi informativi aziendali.
“La prospettiva digitale – conclude il Prof. Solinas – è necessaria per le imprese e infatti sia la nuova strategia industriale europea che il Recovery Plan mettono la digitalizzazione tra le priorità. La sfida è creare una rete di innovazione tra diversi attori che devono dialogare con le aziende per favorire diffusione di conoscenze, creare consapevolezza, sostenere investimenti tecnologici, accompagnare ed aiutare le imprese nella transizione verso il digitale”.